martedì 21 giugno 2011

.....e questo?....

Le parti ballate sono comprensibili, c'è un montaggio di generi diversi,
ma colgo una discreta preparazione in ambedue i balli.
Mi piace l'idea di unire la parte acrobatica a figure classiche riconoscibili
e di non facile esecuzione.
A parte l'attesa dell'attacco finale sul tango,
probabilmente han saltato un pezzo), scorre piacevolmente.

FORZA RAGAZZI, secondo me siete sulla buona strada.

venerdì 17 giugno 2011

Van Der Schulenburg e Cavallotti alla scoperta del tango

Fatto inquietante, ma molto interessante, tant’è che ve lo racconto perché mai si direbbe che anche i nostri gloriosi avi si possano occupare delle cose frivole della vita che però toccano il cuore. Per venire alla sostanza dei fatti mi trovavo a passare in quel di piazza dei Signori e per tagliar il mio cammino presi la scorciatoia del mercato vecchio passando per il Cortile del Tribunale. Era ancora scuro e di buon ora, certo non ero nel pieno delle mie funzioni viste le ore tarde della notte precedente passata a tagliar ricotta affumicata e a bere birra slovacca sotto l’albero di cachi che sovrasta il mio giardino. La compagnia era così bella e spensierata che la notte è passata con la mia sposa e i maestri di quell’arte sopraffina che ti fa girare, girare e ancora volare. La sveglia mattutina mi aveva cacciato giù dal letto di buon ora, ma se pur in quelle condizioni le voci e le espressioni di "quei due" in quel punto erano chiare e vive. Insomma Jan Matthias Von Der Schulenburg, noto difensore dai turchi in quel di Corfù e governatore militare di Verona stava chiedendo lumi a Felice Cavallotti, poeta, giornalista, parlamentare in un momento molto particolare della nostra Italia e cioè in pieno risorgimento. In sostanza il tedesco, amante dell’arte, aveva rivissuto emozioni a lui lontane in una sera quasi estiva anche se un temporale aveva rinfrescato l’aria più del dovuto. “Senti un po’ rivoluzionario garibaldino - esordisce il feldmaresciallo e conte del Sacro Romano Impero - raccontami bene che ci fanno tutti i martedì personaggi un po’ atipici sotto il tuo busto, ma soprattutto mi sembra di aver notato un movimento un po’ strano tra una ricciolina carina, sicuramente abruzzese per modi e tratti, e uno scozzese di piccola taglia, ma robusto che si cimenta avvinghiato alla giovin pulzella trascinandola in modo alquanto originale da parte a parte di quello spazio angusto che tanto ti è caro”. Il deputato, con far sornione, se la ride sotto il baffo ungherese e sembra cadere in una sorta di catalessi. Le parole gli escono con quell’accento lumbard che neppure la lunga permanenza a Roma gli ha cambiato: ”Caro generale, da quassù non mi sfugge nulla e ti devo dire che con l’inizio dell’estate la zona si anima e specialmente alla notte di tutti i Martis dies arrivano personaggi stranamente vestiti e che quatti quatti, non so perché, giunti nella piazza, dove tu da tempo soggiorni, si cambiano le scarpe e sempre con far sospetto si appropinquano sotto di me”. Il conte conosce il fatto suo e prima che il poeta riprenda il seguito del racconto urla ai quattro venti: “ch’è questa usanza turca che ho visto in quel di Cefalù quando respingemmo da terra e da mare un’ondata di derelitti disposti a tutto in nome di un imperatore?” “Prenditi tempo che ora ti racconto caro conte! - interviene il Felice Cavallotti e prosegue - Indossate scarpette magiche con suole di raso e gomma e dopo essersi agghindati con cura, scelgono una dama, le offrono la man sinistra, quella libera dalla spada. Ah! che ricordi drammatici di quest’arma che in duello mi trafisse e pose fine alla mia vita di guerriero e combattente per la causa del popolo noi che...” Fulminea la reazione del vecchio generale che interviene nuovamente: “Senti vecchia volpe da strapazzo, lascia stare i ricordi che sono andati. Vivi il presente e raccontami ciò di cui ti ho chiesto”. Cavallotti rinsavito dall’urlo de teutonico prosegue:”Lei, la dama, scodinzolando come un rametto d’ulivo a primavera, sorride, si guarda intorno, aspetta che tutti la guardino e, alla fine, fingendosi sorpresa e con occhi che sembrano dire: chi io? Accetta il gentil invito, porge la sua man destra quella dove si legge il futuro e... spariscono entrambi”. Il conte sembra irritarsi ancora ed esclama:”senti poeta che ha voluto far le pulci al grande Carducci, come spariscono? Da qui, se pur con angusta vista, noto un gran movimento, tutti che si muovono, si sovrastano, si fermano, ruotano, ritornano, convogliano al centro. Si fermano, ripartono e dopo quattro pause... le ho contate bene perché tutto mi si può dire ma sulla matematica ho basato le mie strategie di battaglia, ti dicevo che dopo quattro stop cambian compagna e ripartono come prima”. Stanco e affaticato il poeta Cavallotti sporge il capo sulla piazza delle poste, guarda il suo gingko biloba, che in autunno gli regala immagini uniche e sublimi con quell’oro di foglie così belle che verrebbe voglia di fermare il tempo e, rassegnato, torna a guardare in piazza del tribunale dove il federmaresciallo è in attesa della fine del racconto. “Ebbene sì spariscono! Diventano un corpo unico, volano su questo marmetto rosso, girano, rigirano, con maestria e una musica, di cui avevo avuto notizia da Giuseppe Garibaldi che in sud America era scappato da esule con l’idea di portare i principi mazziniani, li accompagna scandendo pause, velocità, movimenti, ritmi. Un divertimento vederli e sentire queste note che di martes in martes vado a conoscere sempre meglio” .

Io mi fermo in mezzo alla piazza, non sento più le voci dei due personaggi, mi guardo attorno, la piazza si anima e le due statue ritornano immobili come lo sono ora!

Pubblicato da Ettore venerdì 17 giugno 2011

mercoledì 8 giugno 2011

domenica 22 maggio 2011

Il Tanghero

(from Ettore)
Io mi sono fatto un’idea, ma badate bene è la mia idea e io sono il meno titolato per dire queste cose, quindi tutto va preso con le pinze tanto più se scritto da un canoista-tanghero! Ah ah...
Poiché in Milonga molto probabilmente, più che ballare, osservo, mi sono fatto un’idea, dicevo, in particolar modo dei ballerini uomini.

Non che io sia... intendiamoci anzi mi gusta mucho la ... ma è che a forza di guardare e riguardare, in attesa di individuare una ballerina che possa essere più o meno alla mia portata, dicevo, mi sono fatto delle idee su noi uomini.

Tanti sono i soggetti in pista e ognuno con le proprie caratteristiche, ma alcuni di loro mi hanno particolarmente colpito.

Partiamo da noi principianti, categoria in cui mi inserisco indossando la maglia rosa per onorare il Giro che in queste settimane ci coinvolge e ci diverte.
Noi balliamo e fatichiamo non poco nel ricordare passi e posture messe faticosamente a punto dal nostro maestro. Tentenniamo, indugiamo a trovare il coraggio di metterci in gioco con chi non è abituato ad intuire al volo la figura appresa con tanta fatica. E quando finalmente troviamo il coraggio di lanciarci nella pista stentiamo a ricordare i volti delle nostre ballerine tanto siamo concentrati a guardare i nostri piedi. Questo non si deve fare, bisogna ascoltare e percepire lo spazio che ci circonda senza la necessità di una conferma visiva, questo è il mio prossimo obiettivo. Ma a tutto questo ci arriveremo e se continueremo a sognare e ad impegnarci, presto le cose cambieranno anche per noi poveri eterni e perenni dilettanti.

Va beh!
Passiamo a chi sa ballare veramente...ma parliamo di quei ballerini che, eletti nell’olimpo del tanghero eccelso, ballano, non per reciproco diletto, ma solamente per loro, per esprimere il proprio ego. Li vedi fin dal momento in cui invitano le dolci pulzelle a fare il primo ballo, sono come i pesci pagliaccio con gli anemoni. Queste sgargianti creature, immuni dalle punture urticanti, si nascondono dai predatori e in cambio tengono pulito l’anemone dai parassiti, ma non si sopportano. Il “tanghero pagliaccio” usa lo stesso meccanismo senza paura di prendersi delle sonore orticate. Loro si esaltano ad ogni passo, non lasciano spazio a quello che loro considerano esclusivamente un oggetto per esprimersi. Impazziscono con passi molto impegnativi che a volte poco ci azzeccano con la musica.
Sudano all’inverosimile e qualche volta succede che, presi dal loro vortice, non si accorgano che la musica è finita. A fine tanda mollano la pulzella in mezzo alla pista e si avventano sull’anemone successivo! Guardano attorno con avidità e non perdono il contatto con la sala; anche se non arrivano a raggiungere l’obiettivo prefissato pescano nel gruppo la prima sul loro cammino e si rilanciano nel vortice di ganci, calesite, colgade.
Difficili da capire e a fine serata ti passano vicino e ti fanno intendere che... non c’è niente di buono.

C’è poi lui, il vero ballerino, un gentelman, un signore che sa come invitare con garbo le signore e signorine, non sono preziosi e per gli errori delle loro ballerine poco abili si scusano addossandosi tutte le responsabilità.
Ballano divertendosi e divertendo, ballano con la musica, ballano per il piacere di farlo e non esitano. Sono alla ricerca sempre di migliorare e la testa ruota e gira intorno al tango. Una passione che, ti accorgi, ti sanno trasmettere epidermicamente.

Poi ci sono i professionisti non conosciuti al grande pubblico.
Personaggi che hanno buttato alle ortiche tutto e tutti e si sono messi in gioco ballando. Bazzicano nei sobborghi, nelle sale meno conosciute, in qualche cantina trasformata in barrio argentino, sono ovunque. Ne ho conosciuti alcuni nel mio girovagare per il mondo a inseguire il mio di sogno. Sono bella gente, semplice e audace, pura ed energica con tante cose da dire, ma soprattutto da mostrare con la semplicità con cui nascono.
Ovvio che affascinano e stuzzicano la fantasia di tutti noi che li ammiriamo con gusto e piacere.

Ma nelle Milonghe ovviamente non ci sono solo i ballerini ci sono anche le ballerine. Ballerine con tante storie, con tanto charme, con tanta poesia che invoglia non poco ad usare la penna per raccontarle, mah!
Ci proverò anche se so di mettermi in un labirinto da cui non sarà facile uscire!

Occhio all’onda

sabato 14 maggio 2011

Questo è il tango o questa è la vita o è la vita che è il tango? Mah!

Certo non ne ho le prove scientifiche, ma mi convinco sempre di più che il tango sia un elemento integrante ed intrigante nell’essere umano. Vedo di spiegarmi meglio, anche se un grafomane come il sottoscritto tende per natura ad esagerare nel descrivere e nell’elaborare concetti che vagano attorno a noi e avrebbe la presunzione di concretizzarli in nero e bianco. Forse, a volte, le idee, i sentimenti, le parole, le emozioni, svaniscono ancora prima di prendere forma e vagano liberi attorno a noi. Poi ci sono giorni con più luce e in trasparenza il sole li cattura per restituirteli e per far sì che qualcuno li raccolga come margherite da mettere al centro del tavolo imbandito per alimentarsi in vista del domani.
Oppure, a volte, si riesce a nasconderli e a custodirli nel nostro cuore per concretizzarli poi su questi tasti che le mie dita cercano affannose e senza sosta.
Se mai succedesse tutto ciò, e cioè trasformare l’invisibile in visibile, l’etereo in palpabile, devo a quel punto trovarvi preparati per guidarvi all’eleganza e al fascino di questi passi di danza che riusciranno a percuotervi come il profumo dei tigli a primavera, come il vento fresco in un’estate torrida. Riusciranno anche a scatenare in voi la passione per vivere sempre più intensamente. La passione vi colpirà con la forza dell’oceano, capace di scuotere il mondo intero. Scoprire la pienezza del vostro essere uomo e donna in un’unica movenza, in uno scambio di ruoli che si uniscono per rendere ancora più forte la vostra energia.
La miccia scatta o può scattare da una complicanza o da un’evoluzione di un “ocho atras” che ti illumina il cammino e ti lascia basito ed incredulo. E... se finisci per tagliare la strada alla donna con un passo indietro di sinistro concatenandoti a lei, scoprirai che la tua vita assume un’altra dimensione. Una catena, che a differenza di un concetto negativo, ti legherà al tuo essere l’altro o l’altra indifferentemente! Ruoli che si alternano e che si sovrastano l’uno con l’altra. Scoprirai che le certezze sulle quali hai basato la tua esistenza si frantumeranno su un cambio di peso mal dato e ti accorgerai ancora che le tue presunte abilità motorie ti sono servite per danzare con un guscio sull’elemento liquido, ma non per far roteare attorno a te la donna della tua vita in quel vortice che “vorrei potesse non finire mai”! Quindi la necessità di ricercare gesti, movimenti, deambulazioni che ti portano a camminare scavando con il piede la terra che calpesti. Il tuo avanzare dissocia il tronco dal bacino e dalle gambe. L’equilibrio è l’estasi di un fenicottero che su un piede solo ci passa metà della sua vita. Il tanghero invece l’altro piede lo usa per abbellire un momento che sembra eterno, ma non lo è. Per addolcire quel passo che è il preludio del successivo e che ti proietta avanti o in cerchio con molta più energia e grazia. Una pausa può diventare il fuoco nel tramonto, un accenno di spalla il segnale per sferrare l’attacco, un entrata di bacino ti porta sull’altro lato, uno sguardo ti rasserena e se trovi nella tua compagna la luce delle stelle inizierai a volare. Esci all’”americana”, porta la donna verso la tua mano sinistra avvolgila con il tuo corpo e offrile lo spazio per entrare e sarà lei ad agganciarti acrobaticamente in un’unica extra-divina posa.

Questo è il tango o questa è la vita o è la vita che è il tango? Mah!


Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

venerdì 22 aprile 2011

Col Borotalco il Tango è più.... INTIMO?

C'è chi non riesce a ballare un Tango se prima non costruisce dei punti di recupero del talco, in un angolo, sotto la sedia, all'entrata della milonga......
Ci sono poi quelli che girano per la pista seminando spruzzi di talco anche sui piedi di chi passa.
Si è mai chiesto nessuno se qualcuno soffre di talcosi?
Si è mai chiesto nessuno se l'inalazione può provocare pneumoconiosi?
Forse perchè i paraurti delle auto ne contengono un buon 40% viene usato in pista contro gli scontri di chi non segue la ronda?
Ma allora perchè spendere un patrimonio in scarpe con suola di bufala se poi c'è bisogno del talco?
Perchè andare a ballare con le scarpe da running e poi disseminare talco per scivolare?
Perchè pubblicizzare l'ampio pavimento in parquet della Milonga e poi permettere di buttare badilate di Talco?
Probabilmente è l'amore per i contrasti, i controsensi, o forse per rendere l'atmosfera più INTIMA!

(AVVERTENZE per gli amanti del borotalco: prima di far partire il video alzare al massimo il volume ed ascoltare in cuffia)

lunedì 7 marzo 2011

Caso di serendipità? seconda parte

... salgo le scale mi assale un brivido.
Faccio per accelerare il passo per fare due gradini alla volta, ma mi fermo perché voglio godermi la solennità di un' entrata trionfale. Non voglio bruciare i tempi. So che quella prima visione mi resterà dentro a lungo. Sento la musica, sento passi che calpestano e strisciano sul pavimento. La scalinata sale precipitosa e precipitosamente mi lancia in quella sala fatta da due file di colonne che sostengono una balaustra centrale ricoperta da una vetrata a volta. L’effetto è quello di percepire i colori della notte... di vivere una notte. Ai lati delle colonne tavoli in legno coperti da tovaglie rosse di fondo e una nera più piccola messa di traverso che viene sbattuta ogni volta che cambia cliente. Le sedie... non mi ricordo, ricordo che scricchiolavano parecchio, sì cantavano e non ti facevano stare gran che comodo. In fondo si andava lì per ballare e non certo per scaldare le poltrone!
La pista è già calda c’è gente che si muove con grande grazia, chi accenna ganci e chi viceversa si limita a girovagare per le mattonelle veneziane calpestate ed intrise di storia tanghera. Mi renderò conto ballando che sembrano avere inciso su di loro i passi da fare, tanto ti vengono facili ed eleganti. Beh sono alla “Confiteria Ideal” non potrebbe essere diversamente!
Attira subito la mia attenzione un piccolo elegante signore sulla sessantina decisamente abbondante di peso che con fatica si alza, porge la sua mano sinistra con eleganza e garbo ad una dama che tanto sapeva di compagna di vita, vestita di nero con un risvolto ricamato rosso. La gentil signora non si fa scappare l’occasione e come se fosse lì per la prima volta si alza sulle punte e aspetta il comando per aprir la danza.
Si appoggia ad una pancia immensa dell’uomo che sembra offrire sostegno e protezione. Lui si trasforma da pesante pachiderma a leggiadro ballerino. Parte con una veronica personale, lasciandomi da subito a bocca aperta. Si muove anche lui sulle punte, su scarpe e piedi troppo piccoli per sostenerlo e che si confondono con il pantalone troppo largo.
A tagliare in due la pista c’è un professionista del tango, deve esserlo per forza. In perfetto gessato nero, capelli con brillantina, la camicia con i gemelli e un grosso lavoro di fianchi nel suo muoversi per la sala. Bravo, ma non mi piace, non mi trasmette amore, troppo concentrato su se stesso e la dama, una affascinante cinquantenne, sembra per lui solo un oggetto per esprimersi e non la sua essenza. Di tutt’altra pasta sembra un suo coetaneo. Anche lui in giacca e cravatta, ma sul chiaro. Lui, per la sala si muove sorridendo e a passi particolari guarda negli occhi la compagna che viene trascinata in vorticosi vortici.
Il sorriso e gli occhi illuminati non l’abbandonano mai. Nel frattempo il solerte cameriere, che poi scopro essere anche un ballerino di prima qualità, tra una portata e l’altra, mi allunga la cervecita ordinata all’entrata. Una “Quilmes” ovviamente! Una birra argentina molto leggera che fa tanta schiuma, ma presto se ne va. Ti lascia la bocca maltata e dissetata. Ah! ora sono pronto per il ballo.
Perlustro l’orizzonte. Di fronte a me tutte coppie che guardano entusiaste al centro della sala e ogni tanto si alzano per prenderne posto, per diventare loro a loro volta i ballerini da guardare. Sulla mia sinistra due signore che percepisco essere tedesche, ma portano scarpe senza tacchi... brutto segno per invitarle a ballare. Nel frattempo, alla mia destra, si alzano due persone e voltandomi da quella parte per lasciar spazio d’uscita incrocio gli occhi di una gentil signora che sorridendomi quasi mi sberleffa. Io colgo la sfida e la invito a ballare. Il buon Graziano mi ha sempre insegnato che i primi passi devono essere usati per conoscere la ballerina e capirne l’abilità e la sintonia che si instaura. Le offro con calma la mano, anche se mi costa fatica e mi devo imporre di fare movimenti lenti, la posiziono a giusta distanza e prendo il tempo. Non c’è molta gente ora in pista e così parto con il destro indietro, mi prendo tempo, e poi completo la “salida”. Non male la pulzella che mi segue e sembra saper il fatto suo.
Mi lancio con qualche “sacada” e gli “ocho” vengono alla grande, eh vai!
Giriamo e preso dall’entusiasmo presto poco orecchio al final e mi trovo ad improvvisare una fermata che non era però prenotata! Si sa che il primo giro è sempre più complesso, poi gli altri due sono la conseguenza del primo. Nel senso che se viene bene l’inizio, poi si va con il vento in poppa. Mi fermo dopo la triade perché temo una milonga che non so assolutamente ballare: Fenzi quand’è che me l’insegni? Ringrazio e scopro di aver danzato con una norvegese... beh! il mondo è veramente piccolo.
Riprendo posto sulle sedie che cantano, mi rilasso perché posso dire di aver raggiunto l’obiettivo. Amur sarai fiera del tuo tanghero preferito (spero ancora preferito)?
Il cameriere, rientrato da un ballo, mi fa cenno per un’altra birra, ma rinuncio devo tornare in albergo almeno per cercare di dormire qualche ora. Esco e ripercorro la scalinata con estrema calma, la musica mi ri-accompagna e l’aria calda della notte di Buenos Aires mi accoglie fuori dal locale. Non ci sono quegli immensi ventilatori che erano posizionati in ogni angolo della sala per rinfrescare i partecipanti alla milonga.
Riattraverso l’enorme viale, guardando questa volta il nome e inciso su un lato c’è scritto: “Presidente Roque Sàenz” (presidente dell’Argentina dal 12 ottobre 1910 alla sua morte 9 agosto 1914). Mi ricaccio nella via pedonale che a quest’ora è decisamente meno affollata. Poco più avanti ci sono un gruppetto di giovani scalzi che giocano a pallone tra la spazzatura e con una palla fatta di sacchetti di plastica. Ecco l’altra faccia dell’Argentina il sogno del calcio. Raggiungo la stanza e mi butto sul letto. Praticamente vestito passo in quella posizione le poche ore che mi rimangono prima di partire: missione compiuta!

Occhio all’onda! Ettore

sabato 5 marzo 2011

Caso di serendipità?

Ricevo dal nostro inviato speciale Ettore..." alla ricerca della Milonga perduta",
partito il 1 Marzo da Sidney per trasferirsi in Brasile.....
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“Over-booking” una parola magica che mi ha regalato una notte decisamente particolare, ma andiamo per ordine.
L’over-booking è una prassi nelle compagnie aeree.
Cosa fanno stì furboni per cercare di guadagnare il più possibile?:
vendono biglietti in sovrannumero perché è certo, in base a statistiche che tengono puntualmente aggiornate, che il 10% dei biglietti venduti non verrà utilizzato.
I motivi per questa rinuncia possono essere tanti, da un’impossibilità personale sopraggiunta prima della partenza, dalla morte di un congiunto, da una diarrea fulminate, da un ritardo dell’amico che doveva portarti all’aeroporto e che invece è in pizzeria con la tua migliore amica.
Oppure tanto per menzionare altre possibilità c’è sempre quella dovuta ad un ritardo di una coincidenza come è successo proprio al sottoscritto.
Al chek-in la signorina della compagnia, in un delizioso spagnolo fatto di tanti diminutivi, è stata molto gentile a dirmi che sarei rimasto a terra e avrei preso il primo volo per la mia destinazione il giorno successivo.
La mia faccia però, deve averla spaventata un pochino perché la mia insistenza sul fatto di essere certi che mi sarei fermato quella notte l’ha indotta a riprovare per trovare un posticino su quell’aereo che avrebbe dovuto portarmi a Porto de Iguazu.

Tra me e me pensavo che il Brasile poteva aspettare visto che probabilmente ci dovrò passare i prossimi sei anni.
Ora la mia vera e unica preoccupazione e desiderio erano proprio quelli di restare a Buenos Aires per sfruttare al massimo quella inaspettata, ma, sperata, opportunità. Il trasferimento in pullman dall’Aeroparque al Grand Hotel Bueon-Aires l’ho utilizzato per creare un e vero e proprio piano d’azione.
Bisognava mantenere la calma,
godersi ogni momento con estrema lucidità,
trovare l’obiettivo e proiettarsi dentro.
Amur dove sei, cavolo in due si ragionava meglio!...giusto…stai dormendo… Sceso dal bus però, mi ha preso lo sconforto: avevo architettato tutto, ma non avevo la minima idea di dove mi trovassi.
Confidavo sulla buona sorte, ma prima, visto che era pagato, ho placato i morsi della fame.
Non capisco perché viaggiando si ha sempre fame, continuano a portarti da mangiare e bere e tu ingurgiti tutto l’immaginabile.
Forse si temono lunghi periodi di digiuni e carestie. Mah!
La cena per la verità non era un gran che, ma neppure tanto male: raviolini al pomodoro e un crem caramel come dessert.
Mi guardo nelle tasche e ho solo dollari australiani che da quelle parti non ti cambiano neppure per mezzo dollaro bucato , come direbbe il mio amico Tex Willer. Nessun problema, quattro pesetas devo assolutamente recuperarle per pagare il taxi domani mattina e per entrare magari….sì…il mio scopo si fa chiaro: entrare in qualche milonga!!!
La tecnologia bancomat ti risolve un sacco di problemi e le quattro pesetas hanno preso il posto dei dollari.
Respiro a lungo e mi metto su una strada pedonale affollata e con un sacco di venditori ambulanti al centro.
Mi faccio guidare dall’istinto, passeggio guardando sospettoso ogni movimento altrui.
Al primo semaforo mi si avvicina un tipo che, capito che non ero argentino, chissà poi da cosa, mi propone un locale con buonitas cicas, masaito e cervecitas, declino l’invito e proseguo lasciando libero il fiuto per la buona musica.
Tutto però, nel frattempo, attorno a me parla di tango, non posso fallire questo giro! L’orgoglio non mi fa chiedere nulla è come essere in Germania e chiedere dove si possa bere una birra... che figura ci farei?
In mezzo a tanta gente che cammina in una via ricca di colori, odori, storie e vite che avrebbero tanto da raccontare, mi accorgo che poco più avanti c’è una sorta di capannello di persone... stanno ballando e guarda un po’ un tango.
Mi fermo estasiato, ammiro questi artisti di strada che promuovono questa danza con eleganza e grande stile.
Ma allora è tutto vero quello che si dice su questi posti, della gente che balla per strada, della musica sugli angoli delle strade, delle esibizioni spontanee di gente comune.
La mia sete e la mia voglia di muovermi si fa potente.
Proseguo sulla strada pedonale, senza però dimenticarmi di buttare l’occhio nei mille e più vicoletti che intersecano quel mio cammino.
Da uno di questi scorgo un localino con una scritta show tango, mi precipito e sulla porta c’è una bellissima argentina con grembiulone nero che pubblicizza le ghiottonerie di quel locale.
Mi faccio coraggio e chiedo se oltre allo spettacolo si potrà anche ballare.
Lei dispiaciuta mi dice che questa sera si cena e basta ma se voglio ballare basta entrare là.
Mi giro e capisco che la musica che avevo sentito arrivava proprio da quell’angolo di città!


Nei pochi passi che mi guidano verso la musica attraverso una strada enorme che scopro più tardi chiamarsi Presidente Roque Sàenz Pena o Diagonal Norte.
Una strada che ti fa capire quando è grande e magica Buenos Aires anche di notte, anche in mezzo a sacchi di spazzatura che calpesto ovunque.
Capisci dai volti che si trascinano per le strade senza meta, senza obbligo alcuno e che vagano tra un angolo e l’altro, che questa città fatta da 13 milioni di persone non ha soste, non ha giorno o notte. Persone che si fermano, sostano qualche secondo e riprendono a camminare come squali nella notte incapaci di trovare pace e fissa dimora.

La musica mi chiama,
non posso distrarmi,
mi attira come il pifferaio magico e ..
mi ritrovo all’interno di uno scenario di altri tempi.
Una luce molto tenue, una musica tanto amica, un salone enorme e mentre….

--- fine prima parte ----

sabato 12 febbraio 2011

Tango sensual..o ..Pensiero Triste..?

Potremmo continuare a discutere di: Tango tradizionale-Tango nuevo Tango salon-Tango fantasia Tango aperto-Tango chiuso Invito-non invito Codigo-Tanda rosa Mirada cabeceo Asse-fuori asse Abito elegante Vestito casual Ballo sensual avete detto ballo sensual? ma siamo sicuri di essere in un bordello? ma dove mettete la sacralità di un bordello, col suo codice, i suoi...protagonisti. Pensiero triste che si balla? Bordello, feste, donne, ......l'Italia è un Tango......ma il Tango è sacro. ....che tristezza....balliamo....

mercoledì 2 febbraio 2011

Anno del Coniglio



Inizia l’anno del coniglio; sotto il testo di un tango di Alberto Muñoz , El ajuar, che parla di oroscopo cinese, pantere, conigli e astrologia ….... ma prima, una proposta, per tutti quelli che non sono ancora diventati tangodipendenti:

"Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant'è profonda la tana del Tangoniglio."


El ajuar
¡Dejame en paz! que ayer, una vidente me batió
que con vos el terraplén es desparejo,
que el horóscopo de China sos conejo,
y con esa piel... ¡yo no la voy!

Dejame en paz ¡No me llamés! Pasá a buscar
tu foto de carnet, y el abanico de flores japonesas...
y si ayer sobre el bahiú te di mi amor,
en el frío porvenir, te voy a ser infiel,
y con esa piel... ¡yo no la voy!

Vida mía, la astrología es un afán que nunca falla,
y si alguna vez me viste en malla, despedite de ese ajuar.
Vida mía, el amor que nos unía fue un error de las barajas;
te devuelvo las alhajas, porque en China sos conejo
... y por más que quiera —¡disculpá!, haceme el bien—
no la voy con tu pellejo.

¡Bajá del tren!, que ayer una vidente me batió
que con vos, la palangana no se llena;
que en el horóscopo de China soy pantera,
y con un conejo... ¡no la voy!

Dejame en paz ¡larga el ajuar! Pasa a buscar
tu foto de carnet, y el abanico de flores amarillas...
que si en el bahiú te di lo que más brilla,
en el frío porvenir, te voy a ser infiel,
y con esa piel... ¡yo no la voy!

Alma mía, la astrología es un afán que nunca falla,
y si alguna vez me viste en malla, despedite de ese ajuar.
Alma mía, una estrella en su caída me batió con alegría
que el destino es un espejo; aceptame este consejo,
que por más que quiera, la pantera —¡disculpa!, haceme el bien—
no la va con el conejo.

martedì 1 febbraio 2011

Tango Australiano


Ricevo da Ettore con preghiera di pubblicazione, direttamente dall'Australia, dove sta allenando il figlio Zeno sulle acque del canale olimpico.
Altre sue considerazioni tra slalom e tango sul suo blog.

"Occhio all'onda! Ettore

Entro di soppiatto, quatto quatto, speranzoso di non disturbar e profanar il sacro parlar di tango; mi concedano lor signori la grazia di una salida basica per ragguagliar l’arte del tango in quel bel mondo in cui nel final dell‘700 pensavan caminar con la testa in giù.

Par strano che i maestri faccian partir ablando en engles: five, six, seven, eight ...one... e che l’ocho adelante o par atras lo esplican como un mistero che al confronto Fatima parece agua santa.
A volte mi giro atras pensando di essere nel video di Osvaldo e Mora che sono stati i maestri sul web, per me e il mio angelo biondo, prima di affidarci al buon e bravo Fenzi.
Fenzi! anche la dottoressa Graziella lo chiama così, me parece strano, ma questi sono i misteri dell’amor!
The workout, così si chiamano le lezioni di tango, sono nei posti in cui meno te l’aspetteresti.
L’ultima volta sono stato in una chiesa metodista (termine che sa tanto di centrocampista dell’era del Rivera di nome Gianni che dopo il calcio è finito sui banchi non di scuola, ma del parlamento).
Oppure si va al Pavillon che sta a ridosso della rinomata Bondy Beach.
Voi entrate driblando tavole da surf e marcantoni in pantaloncini hawaiani e così biondi che certo tutto potete immaginare fuorché che in quei luoghi ci si possa muovere a ritmo di bandoneón o musica argentina.

Ma si balla ovunque: nei rinomati club di golf o tennis, poi ci sono i club degli italiani in Australia così come per austriaci o tedeschi.
Ci sono ampi saloni con tanto di parquet in ogni circolo per non parlare delle scuole che dispongono di spazi enormi.
Qui in effetti l’unica cosa che non manca sono proprio quelli!

Assai pittoresche le fanciulle che sembrano uscire da “happy days” o da “grease”.
I vestini sono un tutt’uno con gonnelle che alla minima bava si aprono e diventano palloncini all’aria.
Immaginate in un tango-vals in cui fate girar la pulzella mille volte e mille volte ancora.
Subito rimani sconcertato perché ti sembra di non aver spazio per entrare in quel vortice che rotea e rotea ancora, non capendo più se la donna si trova per l’appunto in mezzo a quel gorgo che pare non aver fondo.
Tentando poi qualche gancio rischi di restare incespicato nella mossa successiva.
Ci si mettono pure le pale delle ventole che trovi ovunque e che hanno lo scopo principale di far vento e di far prender vento in poppa.

Nel bel mezzo della lezione ci si ferma per gustar acqua fresca o caffè che se non fosse per il colore confonderesti l’un con l’altra, sia per la quantità offerta sia per il gusto.

Nelle milonghe mi fa specie veder finir la tanda e sentirti accanto gente che parla con quell’accento e con quell’idioma che stona con l’arte della musica appena ascoltata e ballata.
Certo è che nonostante tutta la buona volontà i maestri faticano non poco a crear l’ambiente per milongar dall’altra parte del Continente!

Mi manca il bravo Silvio dj e ballerino con le molle, mi manca tanto sentir l’accento mantovano e la pizza al Mascara servita con il sorriso dalla signora bionda che di calma ne ha da vendere.
Mi mancan gli sguardi del mio maestro che mi aggiusta passo e cadenza, mi manca l’invito della Graziella per un tango con una pulzella nuova.
Mi manca la lezione del martedì, mi mancano le ghiottonerie della Franca e le cenette in compagnia ablando di tango e progettando serate successive!

Occhio all’onda! Ettore"

sabato 8 gennaio 2011

L' ANGOLO DELLA TECNICA


Ho letto con interesse un post dell'amico Ettore che da 3 anni segue una attività di terraferma come il Tango.
Ha saputo farmi scoprire come lui utilizza l'esempio del Tango e trova le similitudini, per ottenere dai suoi atleti risultati migliori.

Ma leggete bene cosa scrive:
(mi permetto di evidenziare qualche passaggio)
dal suo blog Occhio all'onda.

"Oggi ho raccontato una bella storiella ai miei giovani atleti irlandesi. Il tentativo era quello di spiegare loro e renderli partecipi sul fatto che l’andare in canoa e fare slalom è questione di feeling con l’acqua, con il mezzo, con il proprio corpo e con la mente: tutto il resto sono piccoli dettagli che partecipano ad un progetto comune. Ho portato l’esempio del tango, un ballo che nasce nelle strade di Buenos-Aires quale momento di sfogo di tensioni e malessere sociale. In questa espressione corporea ci sono due soggetti e la musica. La donna segue gli inviti e le evoluzioni dell’uomo, la bandoleira e gli altri strumenti musicali guidano ed ispirano l’espressività maschile. Bene, fino qui nulla di nuovo, ma il tutto, secondo me, può essere traslato nello slalom. La donna è il canoista, l’uomo è la canoa e la corrente detta tempo e ritma i movimenti. La canoa segue la corrente e il palista (per dirla alla spagnola che rende molto bene) non deve fare altro che assecondare il tutto. Detta così è facile, ma la difficoltà e la finezza di tutto ciò dove sono? In sostanza l’inghippo si trova dentro di noi nascosto dalla forza muscolare e dalla testa che pensa di mediare tutto con la logica e con l’azione.
Molte volte alcune problematiche si potrebbero risolvere semplicemente con l’attesa lasciando il nostro copro libero di agire per seguire quello che la corrente e la canoa hanno in serbo per noi.

Certo è che bisogna essere lesti e pronti per cogliere ogni dettaglio, ogni segnale che ci arriva in frazioni di secondo. Come fredda deve essere la nostra mente ad accettare questa tipologia di soluzione! Una mente capace di fermare l’istinto brutale che ci vuole tutto muscoli e niente cervello.

L’obiettivo allora dovrebbe essere quello di avere come riferimento non quello che stiamo facendo, che già è accaduto, ma quello che andremo a fare da lì ad un attimo.

Vivere e lasciar vivere al presente la nostra canoa con il cervello rivolto al futuro immediato, solo così la velocità e la scorrevolezza ne trarranno beneficio.
Se il concetto è chiaro ora ci dobbiamo concentrare su come trasmetterlo e farlo percepire ai nostri compagni di lavoro, alla nostra argilla da modellare in relazione però alla specificità ed individualità della stessa; tradotto ciò starebbe a significare che l’allenatore dovrebbe, per ogni atleta, trovare la chiave giusta per aprire la porta di questo semplice, ma efficace meccanismo.
Dobbiamo proporre percorsi che esaltino questo concetto come ad esempio combinazioni di risalite e discese che permettano uscite veloci verso valle.
L’idea deve essere quella di prediligere un’entrata nella porta con più respiro per avere un’uscita che tenga punta e coda sulla stessa direzione verso la porta successiva. Mi sono trovato ad urlare spesso ai miei atleti:”keep the view to the next gate”, specialmente nella fase di uscita dalle risalite. Sarà anche per questo che ora la voce è sparita e la gola mi brucia un pochino... rimedierò con la propoli acquista a buon prezzo in Slovenia quest’anno durante i mondiali. Forse l’unico prodotto ancora conveniente in questo paese.

Tra i paletti dello slalom si può guidare la propria canoa in due modi: con le braccia o con il peso del corpo coadiuvato dal lavoro delle gambe. Tanto per tornare al tango diremo che è come portare una donna a delle figure con la forza delle braccia oppure con i cambi di peso. Inutile dire che il secondo sistema è decisamente più efficace ed armonioso.
In canoa, se si usano il peso a dovere e la spinta delle gambe si possono tenere linee più dirette e risparmiare energie preziose da utilizzare nel momento opportuno.
Così facendo il movimento si avvicina alla danza per grazia ed armonia.
Certo non tutto è frutto dell’improvvisazione o dell’estro, qualità queste che si affinano solo con molte ore di canoa tra i pali.
E’ già da tempo che non conto le ore passate in acqua dai miei atleti, ma annoto con doviziosa pignoleria il numero di porte fatte per ogni sessione di allenamento e per ogni sessione cerco di conoscere le penalità fatte e come sono state fatte le varie combinazioni, ma di questo vi parlerò prossimamente... ora devo guardare il video con i miei atleti.

Occhio all’onda! "

Che dire di più, certo che è una descrizione con finalità tecniche, ma mi piace pensare di ballare il Tango pensando alla scorrevolezza, come per scivolare sull'acqua.
E che dire di Ettore che vorrebbe vedere i suoi atleti ballare il Tango tra i paletti!

Però devo avere un chiarimento!
Se l'uomo è la canoa, è perchè PORTA la donna ma si fa GUIDARE da lei?
Ettore chiariscimi il concetto.

lunedì 3 gennaio 2011

Buon 2011

El Once

No deje que sus penas
se vayan al viento
porque serán ajenas
al que oye lo cierto.
No espere que una mano
le afloje el dolor,
sólo le dirán pobre
y después se acabó.
Por eso me divierto,
no quiero sentirlas,
no quiero oír lamentos
que amarguen la vida;
prefiero que se pierdan
y llegue el olvido
que todo remedia,
que es lo mejor.

Si busca consuelo no vaya a llorar,
aprenda a ser fuerte y mate el pesar.
Sonría llevando a su boca el licor,
que baile su almita esperando un amor.
El humo de un puro, la luz del lugar,
las notas que vagan le harán olvidar.
Quién sabe a su lado los que irán así
con los corazones para divertir.

A divertirse todos
rompiendo el silencio
para cantar en coro
siquiera un momento.
Recuerden que en la vida
si algo hay de valor
es de aquel que lleva
pasándola mejor.
Alegre su mirada
no piense en lo malo,
no deje que su cara
se arrugue temprano.
Deje que todo corra,
no apure sus años
que a nadie le importa
lo que sintió.